Le prime tracce di cui si evidenza provata sulle origini del Carnevale veneziano risalgono al XII secolo. Attraverso le cronache del tempo, si apprende che nel giorno del giovedì grasso si celebrava la vittoria del Doge Vitale Michiel II sul patriarca Ulrico di Aquileia (anno 1162). In memoria del tentativo di insurrezione soffocato nel sangue, ogni anno, i successori del Patriarca di Aquileia dovevano inviare a Venezia al Doge un toro, 12 pani e 12 maiali. Con il toro si svolgeva una sanguinaria corrida all’interno del Palazzo Ducale e dopo che gli animali venivano macellati e cucinati, la loro carne veniva distribuita durante i banchetti tra i nobili, il clero e il popolo mentre il pane era donato invece ai carcerati. Il giovedì grasso era anche chiamato per questo “berlingaccio” per esaltarne il tono ridicoleggiante. A decorrere dal 1296, il Senato con un atto solenne dichiarava festivo anche il Martedì grasso.
Dalla metà del ‘400 alla fine del ‘500, l’organizzazione delle feste carnascialesche veniva regolamentata e affidata alle “compagnie della calza”, che erano associazioni di giovani patrizi che indossavano calze con i colori del proprio sestriere di appartenenza. A Venezia i rioni sono 6 e quindi “sestrieri”. In onore dei vari sestrieri, ancora oggi, tante sono le listelle sui pettini di ogni gondola.
Se si analizzano le tradizioni e gli eventi storici a Venezia, si riesce a comprendere tutte le consuetudini e le occasioni che di volta in volta hanno reso magnifico e sfarzoso il carnevale.
Durante i giorni di festa, oltre alle feste private, molti spettacoli di grande attrazione e prestigio erano organizzati per i ricevimenti del Doge e di tutte le autorità del governo che assieme ad ospiti stranieri di alto rango potevano ammirare gli eventi dalle balconate del Palazzo Ducale, nella piazzetta di S.Marco.
Si poteva assistere a:
- la Macchina dei Fuochi, con i mirabolanti effetti pirotecnici
- le Forze d’Ercole, dove i Castellani (abitanti dei sestrieri di Castello, SanMarco e Dorsoduro) affrontavano i Nicolotti (abitanti degli altri sestrieri) con una grande prova di resistenza tra le due piramidi umane.
- Il ballo della moresca, che era una romantica danza di guerra con spade fonadata nel XII-XIII secolo nel Mediterraneo e che rappresentava uno scontro tra cristiani e mori. Questa danza fu eseguita particolarmente nei carnevali del ‘600 e del ‘700.
- Il sanguinario taglio della testa al toro nella corte di Palazzo Ducale
- Il volo della colombina o dell’angelo. Inizialmente era il tentativo di un prigioniero turco di camminare lungo una fune che collegava il campanile alla loggia di Palazzo Ducale per consegnare al Doge un dono e ricevere la grazia e la libertà. Col passare degli anni, la camminata sulla fune fu sostituita dal meno pericoloso volo dell’angelo, che era una persona imbragata che scendeva sempre lo stesso percorso e che simboleggiava la pace. Successivamente l’angelo fu sostituito dalla colombina, che liberava coriandoli durante la discesa. Solo in questi ultimi anni si è tornati allo spettacolo dell’angelo.
Nella tradizione storica italiana, il carnevale è sempre stato festeggiato nei giorni antecedenti l’inizio della quaresima.
A Venezia invece nel XVIII secolo arrivò a impegnare periodi più lunghi, con una anteprima ai primi di ottobre in coincidenza dell’apertura dei Teatri, una breve sosta per il Natale e quindi riprendeva fino al mercoledì delle ceneri.
Il carnevale vero e proprio iniziava il giorno di S.Stefano, quando il governo dava la licenza di portare la maschera. I festeggiamenti culminavano il Giovedì Grasso e si concludevano il giorno antecedente il mercoledì delle ceneri.
Tra l’altro, Venezia era una delle poche città in tutta Europa a contare un elevato numero di teatri, tra questi si annoveravano: il teatro S.Salvador (oggi conosciuto come teatro Goldoni), S.Cassiano, S.Angelo, S.Moisè. A questi poi si aggiungevano anche altri tre teatri di proprietà privata: S.Giovanni Crisostomo (oggi Malibran), il S.Samuele ed infine il S.Benedetto, che dopo essere stato distrutto da un incendio e dopo varie diatribe legali rinacque sotto una nuova forma, il teatro “la Fenice”.
Carnevale significa quindi rappresentazioni nei teatri, nei palazzi, nei caffè e nei ridotti, ma soprattutto era un clima di festa diffusa in cui popolari e nobili in maschera si mescolavano per calli e campielli. In questa atmosfera, la maschera rappresentava l’unica possibilità di una società molto eterogenea e con forti barriere sociali, per distinguersi ancora di più o per essere considerati tutti uguali e annullare con l’anonimato queste differenze e goderne i vantaggi che questo nuovo status comportava.
Una testimonianza insolita su queste condizioni è data da una memoria dell’abate Marco Marchetti dove raccontando la sua vita a Venezia, riferisce di un discorso, avvenuto nel 20 novembre 2006 tra il figlio dell’ambasciatore spagnolo a Venezia con un’ignota maschera sul ruolo politico degli Inquisitori veneziani.
Ci sono anche varie riflessioni di Montesquieu leggendo le sue memorie sulla appariscenza e il fulgore del carnevale veneziano. Tale evento era tanto importante da non poter essere interrotto: il caso più eclatante fu la morte del doge Paolo Renier avvenuta attorno al 13 febbraio 1789, ma comunicata solo il 2 marzo seguente, al termine di tutti i festegiamenti.
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